Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for aprile 2020

Il “Santo del Sepolcro accanto”: così definisco, oggi, il Cristo Risorto, parafrasando Papa Francesco. Un sepolcro vuoto, accanto a tanti sepolcri pieni: bare disperse, fosse comuni. Decine, centinaia, migliaia di morti. Altri sepolcri pieni, anche se non contengono fisicamente dei corpi, sono quelli delle nostre speranze, sotterrate da certezze vane, da illusioni fugaci, da presunzioni illogiche.
Se in circostanze precedenti abbiamo augurato una formale “buona Pasqua” con un sorriso vacuo e superficiale sulle labbra, oggi stentiamo a pronunciare queste parole, se non accompagnate dal disagio della nostra condizione di sofferenza. Le nostre labbra si aprono a fatica, chiuse come sono dalla pietra tombale della paura e dell’incertezza.
Assume un senso diverso, questa rimozione della pietra, una motivazione più consona alla nostra umanità ferita.
E ci richiama all’autore di questo evento, lo stesso Cristo, lo stesso “Santo del Sepolcro accanto”, che era pieno e adesso è vuoto.
Tutta la vita di Gesù è stata “pasquale”, caratterizzata cioè da passaggi, da trasformazioni, da eventi salvifici, da liberazioni inaspettate: il suo smarrimento e ritrovamento a dodici anni, la trasformazione dell’acqua in vino a Cana, gli altri miracoli, la trasfigurazione sul Tabor… fino alla resurrezione da morte.
Fra tanti che giacciono, Uno che si leva.
Un solo sepolcro vuoto. Ma che può scatenare una “epidemia” di resurrezioni. Un contagio “pasquale”, solo che noi ritroviamo in Lui la roccia cui appigliarci, la speranza su cui fondare la nostra rinascita.
Questo il significato dell’augurio di “buona Pasqua” per un cristiano nell’oggi di una storia duramente “provata”; per un cristiano che può tentare di dire al mondo “risorgi”.
Mi chiedevo, da giovane, cosa potesse dire la Pasqua a un non credente. Mi chiedo invece, oggi, perché la Pasqua non converte tanto la vita dei credenti da trasformare il mondo, dando così ai non credenti una testimonianza efficace.
Anche il non credente, comunque, può attingere forza dall’evento pasquale di Cristo ritrovando nella solidarietà e nella fraternità motivo di vita e di speranza.
In tal modo, credenti e non, potremo rimuovere meglio l’enorme pietra tombale dalle nostre labbra e soprattutto dai nostri cuori, continuando a percorrere la nostra vita con rinnovato coraggio. “Buona Pasqua” assumerà allora un significato nuovo!

Read Full Post »

Sabato Santo: per la Chiesa giorno “aliturgico”, in cui non si celebra alcun rito. Giorno di “sospensione”, di stupore, di attesa. Giorno di “inumazione” di tutto.
Nessun segno che non sia il silenzio.
Lo è oggi, paradossalmente, forse per la prima volta, anche per il mondo, sospeso, ancora incredulo per la recente e attuale “passione”. E non da oggi. Stiamo vivendo un lungo “sabato santo”, una quarantena che oltrepassa la stessa quaresima.
Per la Chiesa, continua il “digiuno” dei sacramenti. E mai come ora, dai credenti, viene fuori l’esigenza dei segni comuni della fede: l’Eucaristia, la Riconciliazione, il Battesimo, il Matrimonio. Paradossalmente, però, stiamo interiorizzando ciò che era per tanti solo esteriorità, per gustarlo meglio quando si potrà farlo nella sicurezza suggerita dalla scienza, che non è mai in contrasto con la fede religiosa, se non per coloro che sono nell’ignoranza o nella malafede.
Questa sospensione dei segni la viviamo anche nella vita di tutti i giorni: il bacio, l’abbraccio, la stretta di mano. E così come per i sacramenti, forse, quando ci sarà permesso, li apprezzeremo di più.
E il nostro “sabato santo”, da credenti o da cittadini, se lo avremo realmente maturato come il seme che sta sottoterra, sarà soltanto un “passaggio”; per i credenti una “Pasqua” verso la Resurrezione di Cristo, per tutti una rinascita delle coscienze per un mondo più umano.

Read Full Post »

Fino in fondo

La tentazione più forte dell’uomo di oggi, specie in questo periodo di grande “passione”, è la stessa espressa da Gesù nell’orto del Getsemani: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te! Allontana da me questo calice!”.
Tutti vorremmo evitare il dolore.
Ma il dolore fa parte integrante della vita.
Vorremmo che Dio ci cavasse fuori sempre da ogni problema.
Lo invochiamo spesso solo per questo.
Evitare il dolore comporta “e-vitare”, con una forzatura etimologica “scappare dalla vita”.
Se noi scappiamo, il dolore inevitabilmente ci raggiunge. E questo non è pessimismo, è constatazione di tutti i giorni.
Non dobbiamo certo cercarlo. Ma certamente “attraversarlo”, quando ci viene incontro.
Dio non è causa di dolore. Dio non punisce, salva. Dio di regola non interviene sui meccanismi propri della natura, biologici e non, che causano disastri. Dio non interviene sulla libertà dell’uomo, quando esso stesso è causa di disastri.
Ma nei disastri, causati dalla natura o dall’uomo, può aiutare l’uomo a rendersi consapevole, responsabile, a scoprirvi il suo ruolo di essere solidale e fraterno. E ciò non si verifica automaticamente. Nella tragedia che viviamo, non è automatico che ci si risvegli, alla fine, in un mondo migliore. L’uomo è libero di renderlo tale, o di rovinarlo definitivamente.
Perché il bene e il male non risiedono al di fuori dell’uomo, nelle circostanze, ma “dentro l’uomo”, Cristo lo ha detto a chiare lettere. E dal bene e dal male dell’uomo si realizzano i frutti di bene o di male. Sulla libertà dell’uomo Dio non interviene. L’amore non può essere imposto, e Dio-amore può soltanto donarlo, non per forza riceverlo.
E Cristo al Getsemani glielo ridona: “Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”.
Questa risposta innesca una dinamica di resurrezione: non ricercare il dolore, non evitarlo, ma incontrandolo, attraversarlo per superarlo.
Questo è il significato del Venerdì Santo: il dolore inevitabile come strumento di salvezza, la croce come segno di vittoria.
L’obbedienza “fino in fondo” che diventa Resurrezione.

Read Full Post »

Le tracce.

Riflettendo sul significato del Giovedì Santo, volendo dargli una peculiarità, non mi viene in mente altro che il carattere del “segno”.
“Segno” non è altro che la forma visibile di una realtà che non è disponibile ai nostri sensi.
La fede cristiana possiede proprio questa caratteristica: la presenza di segni significativi, che poi sono i “sacramenti”, che rappresentano tangibilmente una realtà celata, misteriosa ma non per questo inesistente.
Gesù Cristo è “il segno dei segni”: la rivelazione palpabile di Dio, il “sacramento del Padre”.
“Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo (I Gv, 1, 1-3)”.
Ma Gesù Cristo non ci testimonia soltanto l’esistenza di Dio, ce ne rivela l’essenza.
L’essenza del Dio Padre invisibile ci è mostrata appunto dalla liturgia della Parola della “Missa in coena Domini” del Giovedì Santo.
Due le “azioni concrete” di Cristo: la lavanda dei piedi degli Apostoli e la distribuzione di Se Stesso nel Pane e nel Vino. Due “tracce” indelebili dell’essenza di Dio, come Amore incondizionato e preveniente, che “serve” e che “nutre”, nel pane spezzato e nel vino che sprigiona gioia e vita.
Anche Giuda ebbe i piedi ripuliti, anche Giuda si cibò del pane e bevve del vino.
E anziché dissertare sulla sua “comunione sacrilega”, parliamo del dono di Dio che non esclude nessuno, Pietro o Giuda, il rinnegatore e il traditore, e che è aperto comunque al perdono.
Nessuna persona nella storia ha lasciato tracce di sè, più di Gesù Cristo. Sue tracce si possono rinvenire nella sua “filosofia”, nei suoi “detti”, nei suoi “discorsi”, nei suoi prodigi miracolosi, riportati dai Vangeli. Io li ritrovo, ancor di più, in Lui come Parola eterna del Padre e come presenza sacramentale nel Pane eucaristico, che sarebbero comunque improduttive, per noi, se non fossero accompagnate dal servizio ai fratelli.

Read Full Post »