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Archive for settembre 2019

Luca 15, 11-32

La nota parabola evangelica che Luca riferisce al capitolo 15, versetti 11-32 del suo racconto evangelico, e che abbiamo ascoltato domenica scorsa, può ben chiamarsi “del figlio scialacquatore”, o “del padre misericordioso”, come classicamente conosciamo, ma anche “del fratello perfetto”; e mi sembra il paradigma della Chiesa di oggi.
Papa Francesco ce la presenta come “un ospedale da campo”, in cui confluiscono miserie umane, materiali e morali, poveri e diseredati, peccatori di tutte le specie. Ed invero questa visione non è lontana dal messaggio di Cristo, che è venuto “per i malati, piuttosto che per i sani”, per “le pecore perdute della casa di Israele” come per i Samaritani e le Cananee, e per gli uomini tutti i tempi e di tutti i luoghi.
Ciò nondimeno, la Chiesa è altresì tramite di una Parola che ricorda all’uomo il suo essere creato “ad immagine e somiglianza” di un Dio giusto, santo, e che pertanto è invitato a lasciarsi permeare da quello Spirito di amore che supera ogni legge e “rende perfetti”.
La casa comune del Padre pertanto è egualmente “accogliente” per chi rettamente vuole seguire il Maestro, e per chi vuole il perdono del Signore; per il lo scriba saggio e per la donna che ha abortito; per la coppia indissolubile e per il matrimonio fallito, per il monaco che prega e per il giovane che si droga.
Chi vuole rettamente seguire il Maestro, lo scriba saggio, gli sposi uniti, il monaco che prega non devono sentirsi privilegiati o distanti o superiori rispetto a chi vuole il perdono del Signore, alla donna che ha abortito, ai divorziati o al giovane che si droga. Senza contare che il male può radicarsi anche nel cuore di chi si sente “al sicuro”.
È invero molto più facile costruirsi “fuori casa” una chiesa di santi che convivere dentro una chiesa di peccatori. Il padre, nella parabola, esce fuori per cercare di convincere il fratello “perfetto” che non vuole rientrare.
Lo scisma considerato da Papa Francesco è appunto questo. È molto più “eretico” il figlio maggiore che non vuole rientrare che il minore che ha peccato ma che viene riabbracciato dal padre. I peccati sono lì, sono costitutivi di ogni essere umano contaminato dal male, e sono da condannare e superare in una dimensione di conversione.
Ma non per questo siamo impediti a rivestire il vestito della festa, a portare al dito l’anello dell’appartenenza alla famiglia di Dio, a mangiare il vitello grasso, che è per tutti, anche per chi non ha avuto neanche un capretto perché intento a giudicare, a condannare, a disquisire su una Verità fondata sul legalismo piuttosto che sulla misericordia.

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